martedì 20 dicembre 2011


la cruna (2009)

al collasso di ogni metodo, freno
sulle macerie prima, nella vista sdoppiata
dai rilievi verso il basso:
sono cieco proprio per gli occhi
come l’indio in carrozzella, a cavalcioni
delle scale, giù per il treno,
cartello in mano:

eppure, di tutto per ritrovarsi
di nuovo allo stesso punto d’arrivo,
distinti dalla prossima chiamata;
un po’ più avanti, un fischio e
la chiusura delle porte e poi

[tiro lo sporco dall’interno all’esterno (uno strappo,
o il leggero scivolare di un panno): pulire
per quanto ne esca fuori, dopotutto, e quanto
rimanga nascosto, inaccessibile]:

e poi converto, nel senso di convergere
al punto, al passo segnato, ascolto
con l’orecchio alla fessura: dai denti
la banchina è un tempo morto,
un cavo a uscire dalla bocca;
presa diretta, una specie d’attesa:

io, il fotogramma successivo dall’inoltre
all’ultimo segnale, autoritratto rivisto
e invisibile agli schianti precedenti:
cuciture come l’andare indietro e dove?
immagine che esiste ora, e forse e poi

e poi un secondo almeno,
ancora fino alla prossima presenza

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