giovedì 31 maggio 2012


centotrenta


0. dovrebbe andare da uno specialista, da uno bravo.

1. è la stessa frase, non sa di chi, ci pensa. sembra quasi che sua moglie e il medico siano d’accordo.

1. sembra quasi che sua moglie e il medico, da come si guardano.

1. tutti e due dicono che, con il mal di schiena, fare una lastra non sempre serve per davvero. per negligenza o per compiacenza al dottore, per senso comune, il passo precedente alla censura.

1. nelle dinamiche di coppia pare sia lo stesso. con qualche esame in più potrebbe verificare se lo spazio fra le vertebre si sviluppa seguendo l’estendersi dei giorni o delle notti. se il midollo si sfilaccia come i matrimoni che non vanno bene, per torsioni, tiri alla fune e lussazioni.

1. dagli esami fatti finora pare che il divario sia lo stesso che intercorre fra il suo corpo e quello di sua moglie, nel matrimoniale, nel sonno come nella veglia che lo precede, o nel momento stesso del risveglio.

1. il materasso si incurva nel centro per la distanza fra i due coniugi.

2. sa già che il suo medico non gli consiglierebbe mai la terapia di coppia, nemmeno un antidolorifico per la pena che gli fa: gli direbbe di aspettare.
sa già che il suo medico non sarebbe in grado di consigliargli nulla, e a quel punto, dopo mesi e mesi di infruttuosa attesa in linea, andrebbe a constatare l’esistenza di un problema maggiore.

3. dicono che il mal di schiena a volte è controproducente, o almeno non sempre. ma che non ne valga davvero la pena. il suo caso non porta segni di complicazioni. il medico pensa che sia del tutto normale. che una cosa del genere accada più o meno a tutti è sicuro.

5. lo  specialista, quello bravo, rimane sempre negli ammonimenti, nella cartella clinica.

8. al risveglio pensa a questo, forse un po' per il collo dolorante o per la spossatezza o per il braccio destro e il suo eludere il controllo del corpo. è un qualcosa che lo accompagna nei primi centotrenta secondi del mattino, contati uno per uno, un giorno dopo l'altro all'inizio, poi basta, mandati a memoria e richiamati a mente dagli scatti irriflessi degli arti.

8. mandati a mente più volte, ricordando i più particolari.

8. nel corso della notte si sorprende più volte, nei rari momenti di veglia, in posizioni sempre differenti. quando si tratta di alzarsi, però, ritrova se stesso al punto di interruzione della veglia, quando i sintomi del corpo che riprende conoscenza sono dominati dalla dispnea.

8. la riduzione del respiro, una postura raggomitolata, quasi fetale, il corpo rannicchiato in una porzione infinitesima di spazio, e di nuovo questa dispnea che si rende sensibile, restringendo lo spazio di estensione del corpo, così minimo anche in un letto a due piazze come il suo.

13. succede a tutti ogni tanto, gli ha detto il medico. certo, non così di frequente, non con l'esatta ripetizione dei sintomi. pensa, o almeno ha iniziato a pensare, che sia normale, che succeda a tutti e allora perché no, perché non dovrebbe esserlo anche per lui.
prende lentamente il braccio e lo muove verso l’alto: dal gomito avverte la pressione delle dita, mentre il formicolìo spinge la mano a un tentativo di rianimazione. lo lascia andare e questo ricade sul letto, con un rumore secco, un movimento di rimbalzo.

21. l'assenza di riflessi, l'indifferenza del gesto lo fanno sembrare esattamente un morto. la cosa lo lascia perplesso, mentre scorrono in mente le precauzioni che più e più volte ha creduto bene di non dover osservare.

21. non lo faccia, le avevo già detto di non farlo, potrebbe farsi del male da solo, senza accorgersene.

21. il suo medico non gli consiglierebbe mai di farsi curare.

34. pensa a cosa fare. come fare se trovarsi nell'ultimo mese dell'anno vuol dire soltanto l'apparire del giorno in una guaina di luce, o meglio nello spazio circoscritto, centripeta del mal di testa.
come fare se le prime immagini impresse dalla retina sono quelle delle tende arruffate, le volte piatte, a spigoli, i muri sfatti, i soffitti che per qualche minuto tornano bordi di strade trafficate, la pulsazione esterna delle nuvole a banchi, la sterilità delle pareti.

34. le palme delle mani. il cranio come un alone di sporco e di fastidio.

55. un odore che prende alla testa, che sale negli spazi assieme alla biancheria.

55. la netta sensazione di non essersi ancora lavati.

55. come fare se la casa, alla mattina, somiglia ad un assedio, muove il ritorno alla coscienza per soprassalti, simula il disagio di una rasatura scomoda agli angoli della bocca, riceve in maniera distratta ed esclusiva l'identica noia personale del giorno precedente.

55. si alza e sa che dal lato sinistro troverà le scarpe, da quello destro il telefono appoggiato sul lato destro della testata, sulla mensola, in alto. è un bene.

89. il fiato rimane corto, riempie il mattino di angoli mentre svolta e svolta nelle percorrenze che lo faranno arrivare incolume in stazione.

89. pensa che il fiato corto rende attentamente le geometrie del giorno, da quelle immobili a quelle personali: forme miste, temprate dalle docce, i nuclei terrosi e incandescenti a lato delle banchine, i pendolari vicino alla fontanella davanti alla stazione.

89. la doccia che diventa un loculo d'acqua, quotidiano come il quotidiano, che non esiste, e che eppure siede alla destra del padre, umano come noi da qui alle proprie divergenze.

89. oggi è un terminale: ogni stanza, ogni stazione, sala operatoria: chi viaggia, chi sale sul primo treno disponibile.

89. tutto sarà sempre una presenza anestetica al proprio compimento ultimativo, una catena di montaggio vertebrata al dolore sordo del silenzio.

89. può alzare il velo.

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