come al solito, nel solito versa
e non ricorda, ne dimentica
la parte compensata dalla nascita
alla culla, in stato debole
e conforme ormai al silenzio, in profitto
alla vita, volta persa
e poi ennesima come una forma
anonima, sicura, che associa
alla voce il diritto all’oblio. conclude,
ottiene misericordia,
resta solo. conta il sentirsi
buoni, chiedere il comando inserito
in brute force, oscillare il
limbo fra intermediato e segnalante,
mandare al niente la causa morale,
esaudire il gesto a vuoto
nel motore di ricerca. per quanto
ne scarti, è responsabile
delle foto, pure rimate, quelle,
quando rimane e nulla muta
dalla convenzione a compensare il
genocidio incrementale
in correzione alla parola, il rifiuto
in formato meno standard,
l’abbandono al dato. striscia, nella
feritoia della casa ignifuga,
seleziona l’opzione “carta di
credito” per mutui percorribili
da parte a parte, ogni vent’anni,
distorto l’angolo di corda,
la curva percorsa come testata d’angolo,
estesa e riaperta
a manifestare il morbo nello
schianto, la biopsia del giorno
dentro la psicosi, la prima
pietra, lo score impact. non sa
più come. della carità ne fa lo
stesso analisi, risorsa umana.
così, girando su se stesso,
steso, ne farà variante, migra
la sequenza, pollice verso,
prognosi, preghiera, recrimina
in giù, nella spirale dell’isola,
isola di nuovo il nuovo, prova
a darsi voce nei contorni, nel
messaggio liberato per errore,
dall’ironia, dal vuoto conforme
che lo attenua e poi riparte,
in dipartita estrema nel poligono
in cui uccide per costante
protezione dal dolore, mentre
sorteggia il dato conforme,
ancora vuoto. non ne è convinto, ma
sul posto di comando,
con tutta quella morte, si
troverà bene. gliel’hanno detto.