lunedì 29 dicembre 2014


defeat (2014)


why am I such a void



dissolve, non come principio, il punto elementare

nel segno che dà spazio, linea e negazione: indica la spunta

e manca il tutto, a differenza dell'umano, nel fine,

e poi "non sa più fare una richiesta", che è molto di per sé,

"se vuoi", si dice. "dove stavano all'oscuro", dentro

il parallelo, prova e trova posto, inoltra e manca appena

riesce a superarlo, per non più vedere, ripete, "per non vedere,

più che altro" e poi riassembla, esercita gli altri nel molteplice

dal mezzo reso minimo, ridato a una coscienza lunga e vuota,

e quanto stalla, o serve infine a farne fuga. "chi si ricorda,

termina da vivo," ed è caduto, concede e si fa grande, pena

nell'ipotesi di fine. la corrente adesso attiva sovraespone

e approssima il restante come dato, prende luogo nel processo,

va a recidere l'alberatura che dai nodi tiene il vertice, riporta

alla via centrale, simulando scopi, e lei, "tornata su se stessa"

 in conversione estrema, al metodo di un nulla amico

e familiare: quando il dato in migrazione porta nello spettro

e si va a perdere, facendo meno suono a mano a mano

che ripete e decodifica la sua parlata come oggetto,

che non sa, ed è fuori dalla stregua: l'elemento di frase

concorda, finalmente, ed è così che è reso muto, si riduce

all'anteprima, esiste, ancora, si apre in sola lettura.