mercoledì 31 agosto 2011


decisioni revocabili

ora direi che, in fondo in fondo, adesso come adesso ci importa poco di quello lì, e pure ai nostalgici in realtà gli frega niente, ce n'è da vendere di sciacquature e menefreghi dopo che è finita l'epoca del menefrego, quello lì o, come lo chiamano le persone più anziane, quello là, che quando c'era lui c'era questo e quest'altro, per quelle meno anziane c'era quello e quell'altro, in quanto più vicine a lui per nascita che per morte, e quindi più lontane, in definitiva, e poi a un certo punto non c'è più stato né quello né quest'altro, né quell'altro né quello, a un certo punto non c'è stato più, neanche lui, anche se noi siamo lontani, e troppo, da entrambi, quindi chi può ricordarsi.


mi riferisco a quello lì, quello un po' minuscolo, e anche se adesso è ingratitudine verso la storia, anche perché pure quella peggiore un pochino di rispetto lo terrebbe volentieri in serbo, è toccare nella carne ciò che è stato e ciò che non si è mai potuto, ciò che un tempo si voleva e poco dopo non si è più voluto, insomma, dicevo e dico di quello che hanno appeso per i piedi, è successo una volta sola, chi è stato non posso ricordare, sono stati un po' tutti, non ho bene in mente quando è successo, probabilmente non c'era nemmeno l'intenzione di me, allora.


o meglio, tutti i nonni progettano di avere i nipotini ma a quel tempo i miei erano ancora senza figli, erano loro i figli appena usciti dalla pubertà, adulti almeno da avere testa e cuore di muovere le gambe per scappare, buttarsi nei fossati, ripararsi sotto le piante se l'aereo arrivava, e se l'aereo buttava giù, sperare, sperare che non centrasse loro, che non gli buttasse giù la scuola come invece è successo, e sperare, per assurdo, sperare perché assurdo, pure che non arrivassero i partigiani a seccare il tedesco buono, quello che faceva passare tutti i viveri, e invece no, gli sparano in faccia e sono mesi di fame, e loro eroi però, anche se di finiti dentro ce n'è stati.


insomma, quello lì, con le gambe all'aria, il centro del viso scoppiato, la sola visione in morte se le altre non hanno avuto luogo, quello lì con tutta la sua storia, la posa coatta che si tira via dal gioco, la sua foga tutta precipitata insieme, a testa in giù, al centro di una verità che lo percuote, e in quel momento un'ellissi che si fa sul momento finale, su quello della sua amante. c'è una popolana che le rimborsa la gonna all'altezza delle ginocchia, con una molletta, per pudore. lei ha capito. le è chiaro che solo il pudore non è che l'ultima di tante decisioni revocabili.


domenica 28 agosto 2011


essere, essere


cosa vuol dire capienza se non taglio di netto, se
non siamo dissimili da quelli dei treni, per la cruna
di un bisogno che ancora si riflette nel buio
delle gallerie.

*

siamo come saremo e non c'è solo l'ora ad aspettarci,
con le mani senza dita, che si completano, aria
per le tue notti a terra, mentre le cose
danno addosso.

*

ed è collasso, infinito. noi non sappiamo a chi dare,
a che ricevere, se per necessità di avere,
i miei tempi, con calma, dai basta, così
li voglio ritenere.

*

abbiamo almeno qualcosa che ci veste, che ci basti
allora, senza la scusa di un giorno che non è
migliore, che non può percuotersi e
saltare fuori.

*

non buttare questa lettera, ogni notte certamente
è un occhio malriposto, che dà a vedersi
ma non sa cosa attorno lo riempia
di mancanza.

*

delazione, va e non mi vuole, ha avuto di tutto per
latitare, essere non dissimile alla storia
che non si dice, mai detta, inglobata,
tutta nella malattia.

*

si gira indietro, contenersi mentre salta, e scivola,
ora il colpo mi morde, sbatto, mi darò tregua,
e non c'è baleno, non c'è fulmine,
ma un'ora buona.

*

se è quella di piogge irrituali, deformanti, passano
da sole, vicine alla cattura, essere in due, nati
sopra alle facce mentre la banchina
si fa margine.

*

e noi al margine passiamo, le frontiere, e certe volte,
tu che qui stai di poco a lato, ma verso me,
nessuno ci becca, e pensare: tingere
tutto, più spoglio.

*

nella lista c'è ancora soltanto un fianco esposto, e tu
sei in grado, lo puoi donare, quindi salta,
scivola anche tu, stai a mani aperte,
adesso fai la prova.

sabato 20 agosto 2011


a-void (iv)

1. need to take care of, so simple, recognizing some

2. people still lighting up, getting help to quit, stand

3. for, to make money in, a deep breath, slaughter,

4. from one organism to another, more precisely

5. a non-native segment of dna, return, sacrifice,

6. knowing what to do, be eccentric, incompetent,

7. your intelligence incorporated, others, swearing,

8. a pure sequence, mobile genetic elements, stress

9. in the access, make them widely accessible, sin,

10. some smoke, resurrection, keep it legal, pleasure

11. and infinite crops, transparent, fixity, flux, then

12. unlucky business decisions, bad signal, gunshot

13. wounds, shock, last hours, grain and cement, real

14. phase of euphoria, never done this before, exist,

15. strike, again, a face, one sound, no innocence.

mercoledì 17 agosto 2011


s/t

sta sempre in mezzo, non si sposta mai,
nemmeno dalla scala di servizio, dal palco
che le è dato, e così prende a dipanare
della lana, in silenzio, una pasta fine, dolce,
che si irradia dalle dita, mentre i martiri
del prossimo giorno si preparano a marciare
verso la nuova meta dello smarrimento

sta sempre in mezzo, non si sposta mai,
è così, come la luna che sta in pieno mezzo
ad ogni nostro casino, mentre il cranio
prende a sbattere, pensando che così è dato
e non si possa più virare, usare il bastone
per mettersi a vogare, fuori dal prossimo
giorno che è una meta in smarrimento

sta sempre in mezzo, non si sposta mai,
dal campo di visione tutto sembra lungo,
lunghissimo, il ciclo delle cose che sta
in mezzo al casino, si irradia dalle nostre
dita, ed è così, come una luna presa
mentre sbatte, marcia fuori dal silenzio
di un giorno come meta e smarrimento

domenica 14 agosto 2011


di te slargo andare

aspetta ad ascoltare se traccio segni

con mano una volta lo sai che tutti

i fattori predispongono e se fosse

qui la rotta della collisione cattura

fra questo che guardi e quell’altro

invece in attesa del libero estremo


a fare del corpo fissa una quantità

per strette vibrazioni o fissali tu

gli allontanamenti se convergere

e mantenere vogliono davvero dire

la stessa distanza riposta al caso

al nostro caso di affari ricreduti


aspetti ad ascoltare se faccio pugni

con mano qualche volta ignorare

che non ci sono altre variabili

niente di predeterminato ma solo

la stessa esperienza fissata dentro

il corpo che si muove e si stende


a fare del corpo una sola divisione

per questo che si vede e se adesso

volessi avvicinarti aspetta e tieni

il tempo dove sta per la stretta

vibrazione del tracciare segni dove

si compie nuovo di te slargo andare

giovedì 11 agosto 2011


lo hanno preso

e allora è così che lo hanno preso, fermo, preso, mentre le gambe sporgevano in avanti, preso mentre era fermo, con gli occhi fuori dalla propria sede naturale, e cioè in fuori, all'esterno, invece la lingua indietro, retroflessa, i muscoli delle gambe che sbattono e sbattono senza soluzione, ed erano tutti in preda a, vari stati emotivi si fanno largo quando ci sono fenomeni di questa entità, e allora si è deciso che lo hanno preso, fermo, preso, mentre il muscolo al centro dell'inquadratura si allarga, sbatteva anche lui, e c'è poco, c'è poco da fare in quei frangenti, così una pastiglia sotto la lingua, in seguito lo hanno preso di nuovo, lo hanno preso mentre stava per sfuggirgli, fermo, al telefono, mentre attraversava, lo hanno preso mentre attraversava, in quel momento si è visto riflesso nello specchio, arriva la volante, lui prende e se ne va, il giornale sotto il braccio che gli cade, ma lo hanno preso, fermo, preso, perché quando si fanno errori è difficile porvi rimedio, o almeno non è possibile farlo subito, dicono che è stata comunque una bella giornata, ed è così che lo hanno preso, davvero, lo hanno preso, dopo aver preso una decisione tutti insieme, quella di prenderlo insomma, c'è stato un po' di parapiglia, erano vicini al fallimento di un'impresa condotta sul canone alterato delle cose, e così, dicevano, lo abbiamo preso, fermo, preso, con gli occhi sbarrati, le manette ai polsi, la valigetta altrove, sfuggita alla vista, e così si sono detti lo abbiamo preso, preso, fermo, magari congratulandosi anche se l'inseguimento non ha avuto luogo, da seguire c'è un corpo soltanto, si sporge da un parapetto, guarda, gesticola, muove la lingua, la muove in maniera circolare, si attarda a fare cenni, ma noi lo abbiamo preso, si dicono, mi hanno detto, preso, ora è il momento buono, possiamo correggere tutto quanto, o forse no, abbiamo ancora un po' di tempo per, tentiamo di dirvi qualcosa, di narrare ma, è complicato, bisognerebbe rifare tutto e invece no, non abbiamo gli strumenti adeguati, non è solo banale sovrapposizione, ma attaccarsi alle parole, anche se fanno filtro alle dinamiche aziendali, ai balconi in violazione delle norme, con un piano di calpestìo dove si trovano le cose perse, tutte le cose finalmente dimenticate, magari per l'edificazione coatta che non può avere un posto nell'etica di impresa, e allora si cerca di tenere il ritmo, di battere a macchina insistentemente, anche se di macchina non se ne parla più, rimane solo il rumore dei tasti, quello è simile, e più, sempre più, con maggiore competenza, gusto, empatia di quelle mai davvero possedute, sperimentate, si cerca di dirvi che lo abbiamo preso, fermo, preso, fermo, mentre i tasti, il loro rumore si risolve in sforzo di abitudine, mal di schiena, errori di battitura che devono rimanere, anche se non così, e fornire un piano nascosto ma ben leggibile, i secondi fini che sono sempre i primi, per mantenere il ritmo, la velocità di crociera, il sincopato dello slancio per cui possiamo dirvi che una volta, a dire il vero tanti anni fa, lo abbiamo preso, qualcosa di tutto quello che diciamo potrebbe andare in porto nei prossimi mesi, forse il dolore è solo un sintomo e non è radicale, costitutivo della vita, e così lo abbiamo preso, preso, in bene o in male preso, prima che cedesse, prima che avanti il corpo sporgendosi, prima che definitivamente, avete capito, il corpo cedesse, che non fa quello che deve, cadesse il corpo e non apparisse più, una cosa del genere è successa tempo fa, è sempre successa e non riusciamo a darci pace, per l'amor del cielo, che non succeda più, e invece succede e succede ancora, non possiamo darvi il filtro per leggere tutto questo ma lo abbiamo preso, fermo, preso, con le mani sugli avambracci, preso prima che lo sfrigolìo dell'aria diventasse visibile, la metafora del sentirsi bruciare che si estende, si attiene alle linee ordinate del paesaggio, ma diventa elemento costitutivo, dirompente, e questo accade mentre stanno fermi, immobili, per dirgli ti saluto, ci sentiamo prima che tu vada, ma è così che possiamo dirlo di averlo preso, di averlo sottratto alla caduta, perché cadere no, non si può, non è ancora il momento di cadere.