finire in preda ai denti di chi? l'attrazione
che ritorna è la terra dove siamo in troppi
all'unica richiesta; e se spiegarsi è fare attese
una ad una e portarle via, quando saremmo usciti
dalle nostre case? un riguardarsi curvi e vedersi
come mani; e sono ancora rotte le nostre mani
tese a estrarsi per le ossa come figli, rese estranee
ad ascoltarsi perché parto di argilla non sia fatto
dal taglio; che per tutto questo Amos abbia visto
dal crollo del santuario fino all'annichilazione
è proprio perché diritta è la malattia che viene
dal giunco migliore, dal discendere lungo sangue
mai versato se non per l'arresto dei tempi: non
fidarti di chi non risponde mai al padre, veglia
sul pianto, dimentica fermandosi di voce in voce
*
(i tratti di questa eucaristia sono di un lividume
ciclotronico – i masoreti e le aggiunte lasciano
Qumran, unico maschio di un dio celato alla
pigrizia degli addii, dei salti in parti uguali –
è olivastro, spinge e non porta a bruciare, prende
altro genere di radici, raggio di un'unica salute)
Allah è grande alle quattro di notte e poco dopo
si ferma la voce inserita nell'impianto dei minareti,
preregistrata – chi vende l'incenso fissa le bilance –
ma non si annega a En Gedi prima che alla porta
di Damasco nell'ora di preghiera, pronti al digiuno
la sapienza non grida per le strade, non grida a noi
almeno, se non si nega nei fermi del traffico
o nel sabato finanziato degli ebrei – sempre troppa
l'America rimasta ai quattro poli – o i giorni
di Ramadan che portano il presagio, le adunate
notturne collettive scoperchiate dalla gola
dei muezzin, da supino all'osso degli addii
di un'unica salute nell'attimo che tiene l'ombra,
che si ritorce invano dalle mura, spegne
il simulacro, la cessazione degli occhi.
*
(meditare come la forma delle mani riprenda il lato
di un ritorno delle luci al verbo, nella sola incarnazione
fatta ombra, rimessa al posto originario della voce
lasciata qui, in questa pietra, meditare come
la forma delle mani, stanza riaperta per un figlio,
il netto che segna la luce nella sola divisione
che ci fa ombra, che propende al tempo originario
della voce, lasciato qui, in questa pietra, meditare
come la forma delle mani, la stretta che qui
si è allargata, vetta per l'antro che ci ha fatti
ombre, inchiodata, sospenda il vento originario
della voce, lasciato qui, in questa pietra...)
all'unica richiesta; e se spiegarsi è fare attese
una ad una e portarle via, quando saremmo usciti
dalle nostre case? un riguardarsi curvi e vedersi
come mani; e sono ancora rotte le nostre mani
tese a estrarsi per le ossa come figli, rese estranee
ad ascoltarsi perché parto di argilla non sia fatto
dal taglio; che per tutto questo Amos abbia visto
dal crollo del santuario fino all'annichilazione
è proprio perché diritta è la malattia che viene
dal giunco migliore, dal discendere lungo sangue
mai versato se non per l'arresto dei tempi: non
fidarti di chi non risponde mai al padre, veglia
sul pianto, dimentica fermandosi di voce in voce
*
(i tratti di questa eucaristia sono di un lividume
ciclotronico – i masoreti e le aggiunte lasciano
Qumran, unico maschio di un dio celato alla
pigrizia degli addii, dei salti in parti uguali –
è olivastro, spinge e non porta a bruciare, prende
altro genere di radici, raggio di un'unica salute)
Allah è grande alle quattro di notte e poco dopo
si ferma la voce inserita nell'impianto dei minareti,
preregistrata – chi vende l'incenso fissa le bilance –
ma non si annega a En Gedi prima che alla porta
di Damasco nell'ora di preghiera, pronti al digiuno
la sapienza non grida per le strade, non grida a noi
almeno, se non si nega nei fermi del traffico
o nel sabato finanziato degli ebrei – sempre troppa
l'America rimasta ai quattro poli – o i giorni
di Ramadan che portano il presagio, le adunate
notturne collettive scoperchiate dalla gola
dei muezzin, da supino all'osso degli addii
di un'unica salute nell'attimo che tiene l'ombra,
che si ritorce invano dalle mura, spegne
il simulacro, la cessazione degli occhi.
*
(meditare come la forma delle mani riprenda il lato
di un ritorno delle luci al verbo, nella sola incarnazione
fatta ombra, rimessa al posto originario della voce
lasciata qui, in questa pietra, meditare come
la forma delle mani, stanza riaperta per un figlio,
il netto che segna la luce nella sola divisione
che ci fa ombra, che propende al tempo originario
della voce, lasciato qui, in questa pietra, meditare
come la forma delle mani, la stretta che qui
si è allargata, vetta per l'antro che ci ha fatti
ombre, inchiodata, sospenda il vento originario
della voce, lasciato qui, in questa pietra...)
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