martedì 31 maggio 2011


elastomeri

si allunga sulla sua famiglia come a lavoro, le mani che toccano la scrivania. il suo lavoro c'entra per forza, con le sue caratteristiche di resistenza, svolto un sistema sociale appena concluso. parcheggia nella via in cui si trova la sede e niente di più. non ci vuole molto a dire che non si può fare a meno di non fare la stessa strada, e quello che lo riguarda ritiene tutto il creato in un quadro sintetico: ora non ci vuole più niente per essere solo un problema, una cosa che si risolve adesso come un dopo. con la stessa intensità di corrente si svolgono le prove di tensione insieme a esperti del settore aziendale dedicato; tortura, equilibrio, ma si tratta di un fenomeno complesso, che solo un uomo ha saputo sfruttare al meglio, senza condizioni di resa, un'ultima salute, in sicurezza. se il materiale regge, si può plasmare con calma tutto il resto.

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cosa ci vuole, per forza di cose gli si deve anche la costruzione di nuovi asili, di punti di fuga cementizi, a quest'uomo. il merito va tutto a chi si è espresso esplicitamente su un sito di stoccaggio, a chi si è espresso sulla effettiva possibilità di morire, a chi si è concentrato sulla propria esperienza sul campo, risultando elemento strutturale di un edificio di affaristi e di rimbalzo sul proprio sito per la produzione di elastomeri. lo spazio di società è stato occupato in seguito ad una somministrazione controllata di veleni e materiali plastici, inerti il più possibile. certo che se non si conoscono le evoluzioni geologiche del territorio, non si può avere da ridire su ciò che si è tenuto di recente, ossia un convegno proprio sui territori recentemente scomparsi.

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non c'è abbastanza spazio sul terreno per riporre i propri averi dove capita, per terra lo sporco come lettera morta. non c'è nemmeno un'atmosfera sufficiente per la deposizione sul divano, stanchi già per conto proprio o il mal di testa causato dalle paperelle per vasca finite abusivamente nell'inceneritore, l'odore pestilenziale di giochini in gomma anallergica: fra una volta e l'altra un intervallo, momento di pausa in cui ritornano in testa due cose che non sono andate come si pensava, e non si tratta nemmeno del treno da aspettare per il lavoro, o il tempo scosso da un brivido per assenza di adeguata vestizione: da una parte all'altra del mondo e del discorso non ci sono le dita della mano con cui la prima volta ci si è fatti un regalo, a tutti i costi ci si arresta dietro le dita inarcate agli oggetti, eppure mai nasconderli, afferrando più spesso notifiche di reato, non ancora colti sul fatto nel verso contrario delle scale mobili.

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simili a quelli di età superiore, i figli appaiano le rughe che meno ci si aspetta e danno subito variante di un possibile girare del tornio, l'utilizzo finale dei bicchierini di plastica prodotti in serie o dei cucchiaini del gelato che il macchinario apposito butta in continuazione. Il loro aspetto è spesso molto semplice e veloce grazie alla conformità alle norme, e si è visto ciò che adesso è cambiato in peso della fronte per una piega sporca, il lato indenne del produrre da sempre per la propria vita e morte al riflesso dello specchio: non ci si aspetta mai di essere un po' soli in compagnia, ma neanche così in preda al vuoto che scuote tutto il resto attorno.

4 commenti:

  1. scopro oggi il blog e lascio intanto un commento per tutti. andate alla grande ed è ossigenante qui nella cloaca maxima-italì trovare scritture come queste.
    tornerò a leggervi e seguirvi,

    hail,

    f.t.

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  2. faccio gli onori di casa per rispondere, e molto volentieri, a questo primo commento. plan de clivage è il blog a cui stiamo lavorando da un po', ed è ormai passato un mese da quando l'abbiamo aperto. fino ad ora io e Manuel abbiamo cercato di riunire e confrontare differenti esperienze di scrittura per dare continuità e coerenza all'insieme degli interventi, ed è incoraggiante vedere che qualcuno, nonostante il blog sia aperto da così poco, venga qui dopo averci rintracciato (chissà dove, viene da pensare) e ci lasci un commento favorevole. detto questo, sei il benvenuto.

    grazie ancora e a presto,

    d.b.

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  3. ciao fabio. sei il benvenuto. il cappotto mettilo pure lì. resta per cena.

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  4. "continuità e coerenza" ma ciò che più importa, direi, qualità (con la giusta spregiudicatezza). dunque il cappotto che ho rubato a Gogol' lo metto "lì" volentieri, qui si pasteggia bene.

    (e, Daniele, per soddisfare la tua curiosità, il blog mi è stato segnalato da Marco Giovenale).

    un saluto a voi, à bientôt (anzi: Qualins!, come dice il mostro qui sotto)

    f.

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