domenica 1 luglio 2012


uscita dalla breccia (2012)


trovo che la prospettiva spesso possa risultare errata e netta
retta da qualcosa che inizia adesso e poi si farà pulito e a posto
nel tramite di luoghi conosciuti o frequentati con insistenza
quando nulla potrà darsi nella sua totalità o per misure in nodi
di vento o fatti e poi scorsoi dentro ai filtri o nelle depressioni
proprie di terreni diversi e scanditi dagli accadimenti esposti
in varchi e rotture che sono troppe in vortici consequenziali
estinti e mai voluti nel risveglio estorto e mai ritornato volti
a ciò che non potrà riuscire il dire che non sarà mai se stesso
ripartito e che ora preme riprova ad essere chiamato nel nuovo
percepirsi nell'evento come parola prima che chiama e preme
quando prende forma nel gesto di aprire il braccio e distrarsi
indicando un punto fermo come cosa o stazione via della croce
deserta e disattesa o disserrarlo poco prima correggendo il verso
della mano il tiro errato puntando verso sirio o dritto alla bocca
per non dire nulla delle possibilità ritese e ora più avventate
e poi sventate a stento nelle cose conosciute prima della stessa
forma o evitate e poi presenti esatte trasparenze o trasversali
nel ridicolo che tenta e si ripensa in salti e prova a darsi pace
a trovare riposo negli stessi gesti avvenuti al centro della caduta
sasso che parla al fiume del proprio riflesso dentro al fiume
che il riflesso vorrebbe immaginarselo e rimane vivo entrando
e uscendo dalla propria breccia fatta di gocce e grandezze pronte
e preparate o poste a ricordarsi di un corpo che è primo e solo
a scrivere il banale per com'è teso e tentato a sfogliare se stesso
gravitando attorno a frenesie di proiezione o eventi disegnati
avvenuti solo per passaggi spirituali e poi travolti e mai successi
anche se poi ripresi e riportati dentro soglie e solchi differenti
per far parte di una costellazione posta oltre lo stesso sguardo
di cosa muta e vinta o vista e che si avvede di quello che potrà
accadere non potendo immaginarsi e poi soltanto provando
ad ascoltare provvedendo a tutto quanto sia passibile di accenti
possibile nell'estensione delle gambe nelle palpebre difficili
da chiudere senza riuscire a respirare perché è questa la storia
che si accetta e che è diretta esposta oltre la soglia tentata
dagli occhi che ti cercano e che stanno ovunque e sono nuovi
perché muovono pretesti e impongono una giusta precedenza
recuperando altri tempi e forme spogliati nell'ipotesi peggiore
del risveglio che non si chiede nel solo fatto di svegliarsi
o di darsi la svegliata attesa nello spazio di ore o settimane
da cui è impossibile tirarsi indietro non credendo al nuovo
assurdo dei passaggi conclusi e ripensati e che si esca da se
stessi trovando la propria forma di vuoto nel vuoto della mano
fatta braccio e poi breccia ad indicarti serrato un nuovo ordine
ripartizione di un dolore composto e scoordinato guardato
prima da poco più in alto poi rivelato come corrispondenza
vera da credere e da sopportare riuscendo a farlo entrare


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