domenica 18 maggio 2014


daniele bellomi - blind painting (2014)


dentro, quando pensa al proprio interno, trova
resti, laterizi, reperti composti dal veleno che li ripete,
promuove lo scatto dei nervi, le mani giunte,
le fughe nei muri, la materia andata
a male, quindi distolta, varcata
dalla virgola nel senso che va a lato della crepa:
una cosa denotata, che lo affossa, una membrana
che schiuma nell’intonaco, lo smembra, rende
sterile lo spazio della casa, nella casa.

per la casa, in fondo, ha recitato litanie,
privandosi del sonno, della riva dove siede. del fiume,
come di ogni altro fiume, replica il numero dei passi,
o dei piedi, in caso contrario, dove le idee
muoiono in coda e niente si comprende, dove
comunque l’acqua è stata, quando in consonanza
potrà dire: “disconosco questa carestia, scampo
alla resina del cielo bicomponente,
alla presa rapida dei giorni, chiamati prima
a negare ciò che è stato.”

in effetti lo catturano in due notti differenti, di luce
fitta, attese nella valvola del pronome, costole
che edita, tocca e deteriora, di luce accesa, cortissima,
poi dice qualcos’altro: “stato, innesco, strage.”
nel letto scava via il punto dove l’altro si riflette
e arrende, congiunto, per poi andarsene,
torna e traccia con la mano il tuo nome che oscilla
di continuo, toglie e spina la sostanza
umana, sostituisce il colore al fuoco, precipita
come pittura cieca dentro alla barriera del tendine,
partecipa alla scarica elettrica che drena via gli occhi
neri, predati, li ammassa a bordo strada
in forma liquida: sa dove sta il vuoto
che si adegua al vuoto, ovunque.

scompare nel baratro, di conseguenza anticipa
la vita, aumenta il suo rilascio prolungato, un divenire
esteso e di buonsenso. riposa, pensa a quanto
è incline alla mattanza, al calcolo dei tempi morti
e dei morti che risalgono il livello critico,
la soglia del dolore, mentre è il nulla
col dito a far scattare la sicura. la salvaguardia
è farsa, morte simulata. per quanto un fiume produca,
o scoli, nella trappola, incanali, resti silenzioso
alla pronuncia esatta, alla stanza d’attesa della vocale,
della piena di un niente più accessibile, d’aspetto,
sottovoce, poi, a forzare le valve, a trasmettere la scia
dei sepolcri dentro il vano addominale, il moto inutile
alla posizione eretta, alla fine fatica a respirare,
constata la terra in via amichevole, sinistra. la cenere
torna al proprio posto, si trucca, muta in polvere,
maschera d’argilla, della pietra che decede sul prato
verticale, mai successo, volta nel fiume, dorso
a terra, si gira nel letto, trasportata, spegne la luce,
si lamenta, riprende ancora a mentire.

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