lunedì 24 febbraio 2014
daniele bellomi - underwearing syndrome (2011)
prima denervati, quando aboliremo il riflesso _ prima, rimasto ancora terapeuticamente _ rimane ancora il problema _ lo stato di conservazione alterno _ stante che rimane _ aiuta a capire la gestione alterna dei sintomi _ la terapia rimane ancora terapeuticamente incerta _ si soffre molto, terapeuticamente parlando _ conserva _ rimane il protocollo per dire che:
1. il bisturi, per alcuni di essi, non funziona nemmeno
2. nemmeno la gestione efficace dei sintomi si dispone
3. tutto è predisposto a farti perdere
4. perdere la vista sarà facile
5. facilmente (terapeuticamente) si arma di cesoie
6. cessare il fuoco, arrabbiarsi dei diritti violati
7. vedere che le cose dette vanno avanti, esogene
8. vanno e non ritornano, e gli influssi, le malattie
9. le ustioni corneali, le radiazioni (terapeuticamente
10. parlando, termini indispensabili alla chirurgia
11. oculare). l'abuso della neurochirurgia
12. potrebbe portare a questa condizione
a) qualcosa da dire?
indossa giacca e pantaloni, fa il nodo alla cravatta. non stanno bene, non proprio. aspetta che l'illusione del vestiario si allarghi, diventi frattale, porti via la struttura dell'osceno, la vessazione del bello, della messa in scena più umana e quotidiana.
b) sembra semplice. il problema in verticale è:
1. rimane ancora come terapeuticamente, o meglio, denerva,
2. rimane ancora come problema, abolito il riflesso,
3. nonostante stati di conservazione alterni, il problema
4. stante, che rimane, aiuta a capire una gestione
5. alterna dei sintomi evitati: la terapia, abolito il riflesso
6. rimane ancora terapeuticamente incerta:
7. si soffre molto, conservando
c) per alcuni di essi vedi di arrabbiarti. per alcuni di essi c'è qualcosa che viene in precedenza.
rimane il protocollo per dire che _ il bisturi, per alcuni di essi, non funziona _ il bisturi, e nemmeno
la gestione efficace dei sintomi _ quel bisturi in particolare era disposto a farti perdere la vista _ si arma di un paio di cesoie _ e vedi di arrabbiarti con il bisturi sui diritti violati _ e vedi che le cose dette vanno avanti _ tagliano una volta sola vanno e non ritornano _ e le influenze, le malattie
di cui non sappiamo ancora niente _ meno ancora ne sa il bisturi dopo la sezione _ le ustioni corneali _ le radiazioni _ l'iniezione che, per la chirurgia oculare o neurochirurgia _ potrebbe portarti a questa condizione
c) va sul luogo della strage. va sul luogo della strage. se lo ripete per una ventina di volte, per qualche mese, camminando mentre fuori c'è il silenzio.
c) mi faccio un'autodiagnosi. cerco online la parola "limbare", vedo che non ha nulla a che vedere con il limbo e con i giochi squallidi anni novanta. non sarà mica qualcosa di grave? mi hanno consigliato una visita:
1. psicologica,
2. patologica,
3. psicologica. questa è una di quelle condizioni neurotrofiche
che rimane ancora terapeuticamente, il problema causato da ulcere corneali, precisamente:
1. risultanti dall'interruzione del sensore corneale
2. il nervo afferente e quello che ne consegue,
3. la terapia del dolore
4. il bisturi
5. infine un nervo itinerante, posizionato sulla branchie, dove inizia la fioritura, il contagio.
c) mi viene da dire qualcosa. non è troppo difficile.
si tratta di aprire, creare una sezione.
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venerdì 21 febbraio 2014
daniele bellomi - discharge (iv) (medulla)
chiedersi circa le maree, gli orbitali,
il proiettile ritratto in varie angolazioni,
il flusso di scavo aperto sul cambio di visione,
circa le occhiaie, la scalata dal fondo
nero, la sagoma erosa nell’insenatura, la resina
estesa per via circolare, la sezione di corteccia
aperta lungo i bordi, tornata al punto
di contatto agli occhi; adesso oppure dopo,
se accade. il resto fa a gara con altro,
è zona presa e campionata, resa contorno:
un’omissione lucida e precaria, un punto
cruciale che risente, muove dalla voce,
diserta la fibra transitoria; circa l’alga,
la curvatura del peso, l’arto mancante.
punta il dito, proclama l’ordine del fuoco:
la cellula continua il proprio intreccio, il fatto
linguale, l’indice rimasto illeso in mormorio
etereo, inerte. la radura scelta per riunirsi
rimane ancora senza protezione.
martedì 11 febbraio 2014
daniele bellomi - discharge (iii)
il primo nemico blàtera, notte
e giorno, parla di ciò che si ricorda
della notte prima, passata, ricorda
il nastro, la linea elettrica sopra la testa,
la persistenza della lesione, le superfici
oculari trasparenti che attraversa,
l'esporsi al fuoco dove scarica, tiene testa.
di giorno ride, si rigenera: nel mare
non si tiene niente, dice, lì fluisce,
scarica solo l'arma nel poligono, si espone
al proprio stato equivalente, al serbatoio
che segna l'ultima tacca, rimasto
per esplodere, alterare i geni. pensa
che deve pure iniziare a scorrere
nella luce come fiume, o polimero.
nel ventre della canna ripara, ci pensa
la semi-automatica, dice, decide
per la soluzione, si determina:
dentro la bocca contatta
il cranio, si mette in lista d'attesa,
gli chiede se rimane
(l’opera si affila sempre
per quanto vale, per quanto se ne vada)
*
venerdì 7 febbraio 2014
daniele bellomi - discharge (ii) (diffuse, matter)
la presa si oppone rivoltata, spareggia
l’uso, l’allungo delle cinque dita: lo stesso danno
è separato dalla scoria, per sempre, aggancia
l’obbiettivo fuori rampa, l’ordine dei frutti,
il moto improprio
di due stelle a pari, a fare il paio,
quando impatta è solco,
guida infrarossa, radianza costante, ordine
che investe il sedimento, gli arti, il canale
impartito,
il sovrasto dei flussi, l’intercezione
misurata in metri quadri, l’entrata
chiesta in quella stanza e decaduta nell’estendersi
dei giorni: qualcuno per qualche parte,
qualcosa, per niente, è fatto risplendere,
annichilato in massa critica e distanza,
nel corpo a corpo con la via marina, preso
e scordato poi all’accesso della danza, messo
al paio: l’uno che non vede l’altro
e l’altro che dimentica, rimane lì per stare,
persistere nel movimento effuso dalle mani,
nella genetica soffiata via
da questo ammasso irrimediabile.
stati a pari, quindi, di una materia diffusa
e conservata: nessuno mai conduce batterie,
cortine batteriche, balistiche
terminali, pronte a riconoscersi nell’addizione
esterna dei parti, non-prati
e poi disastri, residuati volatili dei giorni:
qualcuno da qualche parte, qualcosa, per niente,
sotto una pioggia più pesante,
sta per stare, persistere nella dimora
del contagio: la testa vede l’acqua, l’urto
in sezione, l’interludio: il resto è il detrito,
la rovina è disattesa, instabile.
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