sabato 16 luglio 2011


aut-fit (ii)

se vestirsi è qualcosa di sinceramente orribile, l'atto di vestirsi è principalmente spietato. questo perché, in sostanza, si tratta una questione di chiarezza mentale. è più di un rituale che si tramanda nei secoli, è una prassi di status, di coesistenza sociale, di convivenza forzosa. per l'argomentazione centrale, che si svolge qui e non altrove, un'appropriazione indebita di tempo da parte del corpo. non c'è nessuno slancio creaturale nel primo abito umano concepito come abito, designato a farsi abito per scelta. postmesso, o postfatto, che in questo discorso non fanno testo tutti gli espedienti naturali ai fini di, che vanno dalle foglie d'agave, posizionate in corrispondenza delle grazie, né le scuoiature del sapiens sapiens, pestilenziali anche solo al pensiero, in absentia. nessuna necessità di coprirsi, negli altri casi, ma solo l'intenzione di coprirsi per, la piacevolezza del mascherarsi ai fini di, l'interesse ad indossare qualcosa e grazie all'aspetto conoscere persone con cui fare conoscenza e poi, in particolar modo con un eventuale partner, vocabolo questo unisex quindi scevro di ogni apostrolato, dopo una cenetta galante, ecco. oggi invece pare che un tale atteggiamento non sia possibile, di conseguenza ci rimane soltanto il soccombere all'aut-aut dell'outfit. o approfittare dei saldi.

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