venerdì 8 luglio 2011


on kyuss (i)

nascere dal nome di un personaggio di un gioco in scatola non promette bene, in genere. i figli di, poi. pare quasi di essere a fine anni ottanta, il barman nanico ballerino di colore, le coreografie decisamente fuori tempo massimo. ci siamo, effettivamente, ma non stiamo parlando di quei figli di. immaginiamoli a casa di uno di loro. non molto raccomandabili, più che raccomandati. quattro tizi sbronzi, davanti a loro la griglia con i dadi rovesciati, i segnalini divelti. occhi rossi, bocca semichiusa. neanche un soldo, a darglielo, davvero, manco rubando. pare facciano musica con un po' della sostanza del deserto. se non il peyote quantomeno il sudore o la sabbia. non ci sono molte dune, solo distese piatte. ogni tanto ci vanno e posizionano per terra generatori e valvolari senza problemi. poi ci sono andati più spesso. intanto, poco dopo, più a nord, le ragazzine si strappano i capelli per un gruppo di fatto senza bassista, dal cantante biondo. quegli altri si chiamano come i figli di un dio minore, il dio minore di un gioco in scatola. questi ultimi come lo stadio dell'illuminazione. roba seria. dicono che il nome, la prima impressione, facciano molto. non abbiamo ancora iniziato, dai. quelli della libertà dal desiderio non c'azzeccavano molto, in fin dei conti. con la musica, intendo dire. a dungeon and dragons ci giocano ancora.

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