mercoledì 29 giugno 2011
un'ora, no, di meno
il senso la coda che non si muove di mezzo alle cambiate
la scocca segnata a quanto manca ripiegata la marcia unica
di senso costretto ne scende scoperchiata ne scende la parete
è trasporto nazionale di qualcuno scivolando svicolando trovi
gallerie una sull'altra e cosa facciamo ora con l'occhio sui
terrazzi fai con il motore spento mi ridici tu cosa fare poi
avanti una mezz'ora arrivati qui in mezzo quando il controllo
elettronico di una velocità appena sopra il limite sentirsi soli
e litigare consentirti appena la parola sperando di essersi
arrese all'area di servizio una lamiera incandescente batte
la sigaretta ora indifferente e mi descrivi la distanza, ti scrivi
come vuoi che lo vediamo quanto
manca, un'ora, no, di meno
e allora il segno nella mano si riprende ti riprendi e ora viene
qualcosa di meglio perché steso dalle dita che dalla voce
si dà solo questa voce venti secondi impostata compone
e ricompone da zero il numero che ti contiene la successione
di due metri in due metri per fari alogeni allerta di due lavori
al chilometro quaranta attenzione perché all'epoca già
c'era il problema passati via e non c'è la parola proprio
giusta quella più plurale adesso allora lo vedi che si è troppo
a mezz'aria con quel pilone manca l'aria senza pareti manchi
l'aria per capire poi come si chiama qui il posto nostro
evocato dalla valvola più corta la pressione delle ruote
a venti venti miglia inizio e mi descrivi la distanza, ti scrivi
come vuoi che lo vediamo quanto
manca, un'ora, no, di meno
funzioni intermittenti, non funziona, funzioni come vuoi
arrivederci, che ti scrivo, e mi descrivi la distanza, ti scrivi
come vuoi che lo vediamo quanto
manca, un'ora, no, di meno
martedì 28 giugno 2011
lunedì 27 giugno 2011
per una volta
e tu fissi gli occhi neri, le pareti marcate
dal sole che non si vede, se non altro, per
volevo per una volta le cose più distinte
e tu fissi gli occhi neri, uno sbrego all'altezza
della vita, magari un cielo smorto di velluto
a basso costo, comprato perché il prezzo
tutte ritardano di fisso all'opzione che
*
e così pare che a vent'anni le cose più distinte
non si lascino vedere che di striscio, a poco
a poco se ti fisso soltanto gli occhi neri
e tu che fissi gli occhi neri, con gli occhi
che non danno troppo posto, se non per un
- siediti lì, almeno adesso fermati, sta' un po'
domenica 26 giugno 2011
i prescindibili (i)
Most theoretical discussions of sound and music cultures in relationship to power, Goodman argues, have a missing dimension: the politics of frequency. Goodman supplies this by drawing a speculative diagram of sonic forces, investigating the deployment of sound systems in the modulation of affect. Traversing philosophy, science, fiction, aesthetics, and popular culture, he maps a (dis)continuum of vibrational force, encompassing police and military research into acoustic means of crowd control, the corporate deployment of sonic branding, and the intense sonic encounters of sound art and music culture.
Goodman concludes with speculations on the not yet heard—the concept of unsound, which relates to both the peripheries of auditory perception and the unactualized nexus of rhythms and frequencies within audible bandwidths.
Technologies of Lived Abstraction series
About the Author
Steve Goodman is a Lecturer in Music Culture at the School of Sciences, Media, and Cultural Studies at the University of East London, a member of the CCRU (Cybernetic Culture Research Unit), and the founder of the record label Hyperdub. He produces bass-driven electronic music under the name kode9 and is also a member of the sound art collective Audint.
Emblematic of modernity, the grid gives form to everything from skyscrapers and office cubicles to Mondrian paintings and bits of computer code. And yet, as Hannah Higgins makes clear in this wide-ranging and revelatory book, the grid has a history that long predates modernity; it is the most prominent visual structure in Western culture. In The Grid Book, Higgins examines the history of ten grids that changed the world: the brick, the tablet, the gridiron city plan, the map, musical notation, the ledger, the screen, moveable type, the manufactured box, and the net. Charting the evolution of each grid, from the Paleolithic brick of ancient Mesopotamia through the virtual connections of the Internet, Higgins demonstrates that once a grid is invented, it may bend, crumble, or shatter, but its organizing principle never disappears.
The appearance of each grid was a watershed event. Brick, tablet, and city gridiron made possible sturdy housing, the standardization of language, and urban development. Maps, musical notation, financial ledgers, and moveable type promoted the organization of space, music, and time, international trade, and mass literacy. The screen of perspective painting heralded the science of the modern period, classical mechanics, and the screen arts, while the standardization of space made possible by the manufactured box suggested the purified box forms of industrial architecture and visual art. The net, the most ancient grid, made its first appearance in Stone Age Finland; today, the loose but clearly articulated networks of the World Wide Web suggest that we are witnessing the emergence of a grid of unprecedented proportions—one so powerful that it is reshaping the world, as grids do, in its image.
About the Author
Hannah B Higgins is Associate Professor in the Department of Art History at the University of Illinois at Chicago. She is the author of Fluxus Experience.
sabato 25 giugno 2011
questionario di risentimento sismico
o dello scuotimento avvertito? cosa ti dicono
la pressione intraoculare o le tubature che si spaccano?
2. hai avuto paura? hai almeno un po' percepito
lo scarto rispetto al corpo, mentre le basi della terra
si assestano e collassano? 3. ti sei precipitato
all'esterno? (se all'interno di un edificio o all'estremo
delle finestre) 4. com'è che ti comporti stando
in equilibrio, forse ti dai a seguire il terreno? e com'è
5. l'agitazione degli animali domestici durante
la scossa, o pochi minuti prima? e 6. i lampadari come
si comportavano? mentre invece le 7. porcellane
e cristallerie si sono rotte, come fai a sopportare la rottura
dei beni fra cui anche: 8. piccoli soprammobili
tra cui oggettini cinesi, 9. porte, finestre? e gli sportelli,
i finestrini dell'auto, 10. il liquido in recipiente
che si rovescia sulla tappezzeria o sugli interni in pelle
dei vestiti mentre 11. quadri e libri e vasi stanno
intatti al loro posto, pesano troppo per essere staccati
da una microscossa, così come 12. mobili e altri
oggetti pesanti o 13. piante e alberi? cosa ne pensi delle
piante e degli alberi e dell'14. effetto acustico,
rombo, boato, schiocco, smottamento o chi per essi, e chi
sarebbe mai in grado di capire 15. quando comincia
l'effetto acustico dello scuotimento, che ci vuole a capire
16. la provenienza dell'effetto acustico, indipendentemente
dagli 17. altri o da altri fenomeni particolari osservati?
venerdì 24 giugno 2011
giovedì 23 giugno 2011
al centro, come distesa (i)
si risani – la calce tirava la pelle fino al limite – e quasi
stai per salpare, anche se ora sali sul plesso dei nostri mille
muscoli ritesi, con la tua lacca per capelli che ne limerà
il palmo mentre risali ad Algeri – non sono stato sotto
nessuno e non ho mai giurato ma ti sento ancora simile
a qualcosa che irradia, come se mi avessero stretto attorno
delle bende – se tutti sapessero di questo binario morto,
della figura di un argine in cui siamo naufragati – copiare
questo per iscritto sotto ipnosi non è scambio sinaptico
annunciato, ma incrocio di uno starci, di un resistere
precoce alla prosternazione – non è ancora tempo del trillo
a cui piegarsi, ma si corre a strisce, a scapito delle mani –
rimani tu per ora, rasserenante sboccio di borgata, unisci
e mi consoli come quando calerà scorrendo il gas dai tubi
e nei bienni a venire ti anniderai corsara in burqa correndo
nel mio cranio per tutto un tempo rischioso, indecifrabile.
Se la caveranno, dice Zenone al caffè col suo paradossale
ridere che fa sgarro ai paradisi sullo sfondo, alle svendite
più a sud (mentre l'idea di qualcosa che si donasse, per
una volta sola, inciampa, riempie gli angoli noi increduli,
sconvolti). Non siamo noi, gli dico, quelli a cui sparano
gli eburnei spettri della nostra vocazione, ma soltanto
l'odore che scala dalle serrande abbassate, muovendo
la mano sul cambio in due, via da quella foga di orme
che ancora una volta ci berremo, alla salute.
che mio giovane emblema le donne cambiano e pregano
incerte, capitane incinte con il tirso di questa tua livida
immaginazione che le perscruta attenta fino alla trincea
denegata, alla cernita composta di un rifiuto indolore
che non rimanga oltre il bicchiere. Così, per generare
il generabile appaieremo, calmandoci, i discorsi di noi
due, rompendoli come le uova, e dei cocci più datati ne
faremo storie, dandoci un attimo il via per ridere quando
ascolteranno e non vedranno dove siamo disuguali, le
due vittime concordate. Allentare dunque i talloni e così
le ancore, falene che hanno la donna che conosciamo
salutare con la faccia dell'evaso i due opposti coincidenti
che guardandosi hanno il viso di uno solo, con coesione
di turbine e del ritmo che ruota spingendo via le cose,
sopra al mare.
suoi narvali a percussione che si vedono saltare in fianco
alle carene – ed è questa l'origine del denaro, ti dico io,
la dea che sverna perpetua nel cavo della notte, cursore
che adori come ninfa modellata a un benessere redento –
mentre seguiamo il rollio di te che te ne vai serrata
nelle mani la lima per le unghie, rinviata per svellere
e brillare nelle mani di altri, e tu anche, inviata lontano
più degli orli della gonna da cui scrolli uno sguardo
di sbirro inconsapevole che recita il suo salmo, e mentre
apri le manette io ti assolvo settanta volte dal pulpito,
sette da questo bar, con le mie pupille con cui ti ho
seguito dalla prima volta fino al varo della nave,
sul polso tatuato dei marinai, anche per via di un canto
delle oscillazioni, precedenti ad anse, scansando le onde
e le scialuppe.
muovendoti il viso con la mano che suona e si adegua
alla tua pena, mentre l'angelo oramai annega, e allora
ce ne facemmo una ragione, mordendoci coi denti
che snidavano il filo di lana, irrimediabile annullarsi.
Rimane l'impressione di te partendo, quando magari
urterai in futuro la tua vita di ladra rintanata negli
anfratti di ogni costa, vicina alla rete dalle maglie
più usurate, tenuta da mani che ne strillano il dolore,
incompleto come uno strappo che ti riporta indietro.
mercoledì 22 giugno 2011
martedì 21 giugno 2011
la superstition scientiste : 3. l'origin du monde (i)
la teoria del big bang nucleosintetico data la nascita del pargoletto universo a dieci, quindici miliardi di anni fa, cosa che escluderebbe l'invecchiamento precoce dello stesso. lo descrive come una palla di fuoco e grasso primordiale, di densità per metro cubo e temperature di ebollizione altissime, che dalla fuoriuscita dall'utero dello spaziotempo ha continuato a raffreddarsi, bruciare calorie ed espandersi a macchia d'olio.
ci si è accorti, inoltre, che questo modello ha fornito una valida spiegazione a molteplici aspetti dell’universo, tra i quali l'incidenza del red-shift sull'attitudine a prendere in pieno il semaforo rosso e la luce delle galassie lontane, la radiazione cosmica del forno a microonde e le abbondanze primordiali degli elementi più leggeri, eventi che hanno avuto luogo dopo il primo secondo dall’inizio di tutto, ossia dal secondo secondo dopo l'inizio della spesa al supermercato.
prima di giudicare male l’artefice del modello inflazionario, bisogna capire che nessuno aveva mai fatto ipotesi su cosa fosse avvenuto durante il primo secondo dell’universo, anche perché l'idea di fare una cosa del genere sembrava sinceramente poco sensata. si pensava che la temperatura del pargolo, misurata per via orale nel primo attimo, fosse superiore ai dieci miliardi di kelvin, il che faceva pensare ad una brutta febbre, ma poco si sapeva sulle proprietà delle materia a tali condizioni. perciò, estendere il modello classico del big bang ad un tempo in cui regnava l’incertezza e il bimbo universo era refrattario alle cure mediche, fece insorgere numerosi problemi:
difficoltà di spiegazione dell’omogeneizzato su grande scala dell’universo osservato (era evidente, nella radiazione di fondo, che la confezione attuale non sarebbe mai bastata a soddisfarlo). l'infante universo si evolveva troppo velocemente perché potesse raggiungere l’uniformità, e la distribuzione equa del grasso in eccesso, con i consueti processi con cui un sistema si avvicina all’equilibrio termico. in ogni momento esiste una distanza massima, detta distanza massima, percorribile da un segnale luminoso dall’inizio del tempo e mediante la quale è possibile vedere l'immagine del pargolo universo mentre regge la confezione di omogeneizzati con una delle sue grandi mani, distanza che dovrebbe trovare corrispondenza pragmatica nell’analisi della radiazione cosmica di fondo. secondo il modello classico del big bang caldo le distanze osservate da due sorgenti di radiazione cosmica erano circa novanta volte maggiori della temperatura dei biberon e della distanza massima teorica. da questi presupposti è necessario ipotizzare l’omogeneizzato come condizione iniziale di sviluppo del big bang.
lunedì 20 giugno 2011
rasura
dérobées; qui déjà, décontenancées par une lente oxydation,
et mortifiées par le retrait de la sève au profit
des fleurs e fruits, depuis les grosses chaleurs d’août
tenaient moins à eux."
I
- gli alberi si disfano in una sfera di nebbia, si flettono/coniugano, si declinano (lemme lemme lemma a lemma mano a mano meno a meno)
- (le spire dei morti sotto la lente, adulterate, a soqquadro, qq, logos)
- (scompaginate, le pire dei morti, buttate all'aria, rogo)
- e la radura non è forse questo diradarsi capovolto, dove a scemare sono le cose in prima persona, dove dalla nebbia si deducono, si decurtano le cose
- o ancor meglio questa sovrapposizione, poiché se la nebbia è davvero
- nebbia i margini si sfaldano e l'approssimazione non è più un difetto di calcolo ma un attributo, una proprietà delle cose stes(s)e?
- (se l'esistenza non è dunque un attributo logico ma davvero uno scontro a fari spenti, un sentiero bruscamente interrotto, il pathos - che solo successivamente si articola e predica in angst)
II
- è forse nel niflhel che si accorcia (si risolve?) la distanza tra "ist" e "seyn", dove a mischiarsi, a combinarsi sono: la finitezza e l'indefinitezza, la morte come tara e come veicolo di possibilità, il compasso e il kairos (la vaghezza, l'imprecisione che è una gamma, un'anticipazione dell'infinito),
- infine kenosis, lo svuotamento, il nucleo pneumatico delle cose, il pro-getto, la pressione che finalmente sfiata da un varco, la nebbia che si sprigiona dalle cose come il destino esala dal passato
- kenosis che è anche svestizione e investitura e lo è in corsivo amici a casa, ricorsivamente, nel decorso: deposizione dell'intelletto (habitus primorum principiorumm speculativorum), inadequatio rei et intellectus (un imbarazzo, un inconveniente - a momenti)
III
- (solo quel dio di malebranche, tanto indolenzito)
IV
- a tamponare la falla interviene questa nebbia ampia, additiva, così affine all'acqua (cfr. mania di occupare tutto lo spazio)
- (non fosse che l'acqua deforma le cose e in certa misura le svergogna, mentre la nebbia quasi le nasconde, le custodisce).
- l'angoscia è sì una prima,
- diffusa articolazione del dolore (che ha sempre un soggetto, sub-iectum, e cioè una vittima), forse il balbettìo ultimo e fondante
- comunque voce tremante nella notte - ! voce, non parola !
- lo stadio seguente non è certo
- la paura (resta il soggetto e si aggiunge l'oggetto, di volta in volta ben definito ma contingente), bensì la malinconia
- mal-iconia | un male iconico, originale, un totem
- altro non è se non la trascrizione di: lo sbilenco tratto della morte, la sua stesura, il suo schieramento sintattico.
- l'angoscia non può restare equanime,
- a un certo punto l'uniformità si irrobustisce, compatta, inventa un volume, un corpo,
- si indirizza verso la morte, che è come l'allegoria terminale, il bando(lo) della matassa
- una dialettica rettilinea. non il circuito dell'eterno ritorno, non la verità ricurva, genuflessa quasi, uncinata di nietzsche
- nella morte si raduna la condensa dell'angoscia, prende forma
- restituire qualcosa da un angolo all'altro della stanza, rimpallarsi gli occhi murati, le orbite (o anche una sola - un'orbita sola, ellittica)
- qui
- si apre il vero e proprio campo di battaglia tra il niente e l'ente, tra esente e essente.
- l'ente è cosa nota
- l'ente è riducibile all'essere tanto quanto è riducibile al niente
- forse l'ente non è riducibile, ma è l'unità minima
- allora riconducibile
- di più: l'ente si svela come tale tanto nella sua alterità dall'essere quanto in quella dal niente
- di più 2): non si capisce, dunque, se da questo scontro/incontro l'ente ne esce impegnato o esonerato
- (volevo dire anche dei tre momenti del tempo a partire dall'angoscia - chronos, aion, noia - o paraggi. non se ne fa nulla)
- io dico di no, dico esonerato. ad ogni buon conto
domenica 19 giugno 2011
flashmobs per metropolitana (i)
2. i passeggeri, a gruppi di tre, iniziano a camminare avanti e indietro per tutta la lunghezza dei vagoni. nel frattempo, salgono sul treno tutti i musicisti di strada assoldabili dagli organizzatori del flashmob che iniziano a pizzicare, percuotere o soffiare il proprio strumento, seguendo la canzone "the funk soul brother". alla fine, i partecipanti eseguono esercizi alle parallele, utilizzando i corrimano orizzontali presenti nelle vicinanze.
3. i passeggeri, in turni individuali, entrano in scivolata da tergo sulle persone in piedi. ai primi accenni di rissa, interviene il partecipante designato per il seguente ruolo, che dovrà essere rigorosamente vestito da arbitro. il suddetto separerà i concorrenti e sventolerà un cartellino rosso nei confronti del partecipante, sanzionando a dovere l'intervento. a questo segnale, il partecipante scenderà alla fermata successiva, e via dicendo.
4. la totalità dei passeggeri, in costume da bagno oltreché attrezzata di uno stereo a pile anni novanta, esegue coreografie tratte dal peggior repertorio possibile di balli da spiaggia. alla fine di ogni canzone, verrà simulato l'applauso cretino dei suddetti ritrovi utilizzando grandi guanti di gommapiuma. alla fine, viene dato fuoco al registratore utilizzato per la manifestazione, con buona pace di chi ha dovuto portarlo in loco.
5. tutti i passeggeri in piedi iniziano a sedersi in braccio agli altri passeggeri seduti, indipendentemente dalla corporatura e dalla consapevolezza degli stessi di partecipare ad una grande e interessantissima attività collettiva. al termine di questa sovrapposizione generale, che si verifica fino ad esaurimento posti, tutti i partecipanti cercano di far ribaltare la propria carrozza spingendo sul lato sinistro rispetto al senso di marcia. inutilmente.
sabato 18 giugno 2011
etnoentomologia sommaria
("se osservi un millepiedi muoversi hai veramente la sensazione di vedere un'onda che sfila lungo i suoi fianchi").
gli insetti 1) sono un mondo 2) in fila compilano un alfabeto 3) danno l'idea di non respirare.
un'altra importantissima funzione degli insetti è la capacità di adesione. tutti gli insetti sono stickers. al termine delle zampe (dove ti aspetteresti già l'orma, un cominciamento)
invece uncini e/o setole:
- consentono di attaccarsi alle superfici e di evitare i testacoda
- garantiscono un'ottima tenuta di strada anche su tracciati bagnati e\o scivolosi
- permettono di camminare in verticale, o addirittura a testa in giù.
tutti gli insetti hanno una testa. aumentando il numero di punti di contatto
il numero di teste resta costante. tuttavia aumenta la stabilità della presa. accorgimenti (questi) indispensabili per intraprendere un viaggio.
i miriapodi sono gli insetti dello stupore. esistono e hanno un numero imprecisato di zampe: comunque due coppie per segmento.
i chilopodi (tra cui la scolopendra) sono gli insetti del peso. esistono e hanno un numero non facilmente stimabile di zampe: comunque una coppia per segmento.
quelli grigi che vivono nei vasi, quando si sentono minacciati, si flettono fino alle estreme conseguenze, alla sfera. sono crostacei (come granchi, gamberi ed aragoste) ma non lo danno a vedere. sono crostacei isopodi terrestri. hanno molte zampe come i chilopodi, ma non sono chilopodi. nondimeno esistono.
gli insetti hanno sei arti (solo una in meno delle corporazioni fiorentine).
largo impiego per la locomozione.
gli insetti hanno due antenne, che non sono arti, ma antenne.
in alcune specie (come in tutti i cerambici, per esempio) sono molto sviluppate e potrebbero trarre in inganno e sembrare arti, e non antenne, mentre sono antenne, e non arti. comunque, non si conosce alcuna specie che usi le antenne per la locomozione.
gli insetti hanno anche quattro pieghe cutanee, che non sono arti, non sono neppure antenne: sono in posizione dorsale.
gli insetti abitano le teche di vetro.
le ali degli insetti sono verderame.
sono di tungsteno.
(raramente troviamo delle eliche).
in alcune specie si uniscono a due a due con degli uncini a formare un'unica superficie, in altre subiscono diverse gamme di modificazioni (cfr. elitre o bilanceri).
nessun artropode terrestre ha quattro arti.
gli occhi, molecolari.
la direzione del sangue, variabile.
le mantidi religiose (insetti) hanno sei zampe, ma ne usano solo quattro unicamente per la locomozione, le due anteriori invece:
- per la cattura della preda
- e per la preghiera
- anche per la locomozione.
(le zanzare ti scippano la vita. montale diceva "pinzano". senza vita. aggiungiamo la vita e tutto torna. finché non fanno bottino - quelle - e non proprio tutto rincasa)
i chelicerati hanno invece dieci arti, di cui otto zampe e due cheliceri, che servono per il nome. i cheliceri, ad un osservatore distratto, potrebbero sembrare mandibole, quindi assicurarsi di osservarli come dio comanda.
ai cheliceri vengono genericamente attribuite otto zampe. sappiamo che non è così.
ai chelicerati appartengono ragni e scorpioni (che sono i più conosciuti) oltre che zecche, opilioni, solifugi ed altri esemplari meno noti ma non meno esemplari.
venerdì 17 giugno 2011
resta dove vuoi
che allontana e si allontana dove
si trova dove svolge l'effetto
ancora per parlare dell'urlo
in tutto questo è come
se il dolore si allontanasse e intendevo
che le cose succedono anni fa
o qualche anno prima d'ora
e che cos'è questo che ribatte il muscolo
che si contrae verso l'interno se ci pensi e intendevo
non c'è niente di così inefficace
e allora ritorna in questo mutamento
che parte dallo sterno, ruota via, accede
alla corda più lontana
e niente è così inefficace
ancora chiedere per l'urlo
resta dove vuoi basta il contatto una cosa
che allontana e si allontana dove
non c'è niente di così inefficace
come le cose che succedono anni fa
o qualche anno prima d'ora
prima d'ora
martedì 14 giugno 2011
agli occhi, tendere agli occhi
più realtà, è chiaro se mi vedi che ci pensa l'andare
dei tuoi occhi, sapere cosa è stato e cosa s'è nascosto.
ci pensa l'andare dai tuoi occhi, sapere e ingannare
in ciò che è stato, il nascosto. ritorna allora, spegni,
se noi poi tutti accecati e adesso con la mano a tastare
almeno un po', per la vista sformata, a brani, soggetta
a negazione avara e sistematica del cristallino.
*
tendere agli occhi, vedere la grana fine, rileggere
parole nascoste in contesti paralleli, lancio-verità
a deframmentazione che hanno un tempo di rilascio
privo di luce. nostra signora luce-immagine, indotta
o non filtrata, a vuoto, e sempre di sola sostanza
televisiva. nostra signora somiglia ai nostri occhi
se riflessi, e non si attiene alle linee d'intuizione,
fa un riesame, porta indietro, distingue una cosa
alla volta, le viene tutto meglio e di meno, sta
al completo, non tiene completezza, adesso scarta,
tiene le persone e queste avanzano, vanno
integre, intatte, vergini alla soluzione. immagina.
*
tendere agli occhi, di nuovo, riaperti a recepire,
riattivati dalla prospettiva. le scale stanno al di là
della portata. dove la vera conoscenza qualsiasi,
motore per la chiarezza e l'unità. realtà toccabile,
visibile, in trasparenza al nostro fisso girare
per campi di visibilità limitata, con l'assoluto
dato per scontato, al prezzo di ieri. gli occhi, tenere
gli occhi controllati o posseduti da qualcosa, anche
un'occhiata a razionare avanzi, camminando
sempre dove la linea comune non allontana.